Lo sciacallaggio ha ripreso fiato per un giorno. Ci sono, è vero, 28 migranti Covid-positivi tra i 209 a bordo di una nave-salvataggio al largo delle nostre coste, e subito Salvini urla al pericolo per la salute degli italiani!
Ma dimentica (per finta) intanto che il rapporto tra migranti malati e tutti quelli a bordo è del 13.4% mentre il rapporto tra i lombardi che si sono presi il virus e tutti i lombardi è del 16.1%, cioè con una propensione ad ammalarsi di un bel quinto più grave di quella dei pericolosi migranti (senza considerare che quel 13.4% i migranti lo totalizzano in condizioni di esistenza concentrazionaria, e invece il 16.1% lombardo è del tutto naturale per dir così); e poi che se lui definisce un rischio per la salute degli italiani la massa di 28 anime chiuse in mezzo al mare, io definisco una minaccia mortale per la salute mia e di chi amo l'esercito dei 12.903 lombardi (quanti sono i positivi contati ieri) che erano liberi di scorrazzare su tutto il territorio nazionale fino a un attimo prima che un esame gli riscontrasse il virus in corpo! Sciacallo (perdonino gli incolpevoli canidi). Idiota (perdonino gli innocenti oligofrenici).
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Oggi, anche oggi, mi hanno preso la temperatura corporea. Stavolta era per poter accedere alla mia sede ordinaria di lavoro, tre mesi e venti giorni dopo la mia ultima volta precedente.
(Inspiegabile il motivo di questa chiamata forzata in sede, giacché tutta la mia produttività può esplicarsi in smartworking, e così è stato in ogni giorno lavorativo di questi quasi quattro mesi; e paradossale, farsesco, l'esito: la sede aveva oggi un blocco informatico e telematico, e se non avessi per puro scrupolo portato i miei mezzi privati di connessione e scrittura elettronica non avrei davvero potuto produrre un bel niente del mio servizio pubblico a cittadini e imprese in contenzioso! Il tutto a mie spese, ovviamente, come peraltro l'intera attività in smartworking.) Ma pensando, in pausa, alla "febbre"... ...Tutto ciò che attiene alla vita, sociale, umana, animale, vegetale, perfino batterica, ha bisogno di calore. Di temperatura, ma né poca né troppa. Tanto è vero che quando cerchiamo forme o tracce di vita fuori dalla Terra, anzitutto delimitiamo le condizioni di abitabilità del dato corpo celeste in base alla sua distanza dalla fonte di calore, tipicamente una stella, e alla sua massa gravitazionale affinché sulla superficie del pianeta ci sia intanto acqua allo stato liquido e non se ne voli via per scarso peso, e poi il resto si vedrà. Quindi alla vita serve calore, che non scenda troppo o troppo a lungo sotto la temperatura in cui l'acqua diventa ghiaccio e che non salga troppo o troppo a lungo sopra quella in cui si nebulizza in vapore. In effetti, per dir solo della temperatura dell'aria, gli estremi registrati sulla Terra da quando esistono strumenti di misurazione sono i circa -90° dell'Antartide, nella lunghissima notte del suo inverno, e i circa +60° in Death Valley, California, in piena canicola di luglio. Ma la temperatura di un corpo o di un sistema, solido, liquido o gassoso, non è altro che un modo di dire la quantità media di movimento delle molecole che lo costituiscono: più le molecole si agitano più è alta la temperatura del corpo o sistema, meno si muovono più risulta freddo. Ne discende che c'è un limite minimo alla temperatura, ed è la temperatura che si misura allo stato in cui le molecole sono del tutto ferme, giacché più immobile (ossia più freddo) di ciò che è già fermo è ovviamente un non-senso logico (e pratico). Questo limite, misurato in gradi centigradi, è -273.15. E' lo zero assoluto. Nella nostra vita, sulla nostra Terra, e in tutto l'Universo, dal punto di vista del calore tutto avviene quindi tra la temperatura di -273.15° e... e (questo è interessante) l'infinito! Infatti non c'è limite teorico all'innalzarsi della temperatura: le molecole di un corpo o sistema non possono certo esser più ferme dell'immobilità assoluta, viceversa possono benissimo agitarsi in modo sempre più parossistico fornendo registrazioni in gradi sempre più alte. Esempi: il nostro corpo (sfebbrato) sta sui 36/37°, l'acqua va in ebollizione a 100°, lo zolfo brucia a 182°, il fuoco vivo è rosso a 700°, giallo a 1000°, il vetro siliceo fonde a 1600°, il carbonio a 3500°, la superficie del Sole è di 5500°, le atomiche di Hiroshima e Nagasaki generarono all'istante 300000°, l'interno di una stella attiva lavora a 16 milioni di gradi, una supernova esplode a 10 miliardi di gradi, i quark diventano plasma a 2000 miliardi di gradi... Come si vede, se ordiniamo tutto su una scala che va dallo zero assoluto e cresce fin dove è possibile, ed è una scala composta di migliaia di miliardi di gradini, quello che riguarda i fatti davvero importanti del macro- e microcosmo (l'accensione e le fasi delle stelle, il rincorrersi delle galassie, la creazione e la trasformazione degli elementi chimici, la struttura stessa della materia e dello spaziotempo) succede quando cominciamo a salire in alto e altissimo. Invece, tutto ciò che concerne la biologia, la vita nostra e delle nostre società, degli animali, delle piante e dei microbi perfino, insomma la Vita come la intendiamo noi pensanti, ebbene succede esclusivamente su e giù per i gradini bassi e bassissimi di questa scala virtualmente infinita: partendo da sotto, al 273mo gradino il ghiaccio si scioglie, al 310mo ci sono io se sto in salute, al 320mo già fa troppo caldo per mettere il naso fuori casa, al 1000mo gradino cremiamo i nostri corpi; fine, tutto quello che sta più in alto sulla scala, incalcolabilmente lunga, è del tutto estraneo non solo alla vita, ma perfino alla morte dell'uomo. Eppure è pertinente a tutto l'Universo non biologico. Questa clamorosa asimmetria significa qualcosa? Non lo so, però mi dà da pensare. E da scrivere, ovviamente. E penso, al dunque, quasi visualizzando quella scalea sconfinata e percorrendola ad occhi chiusi da cima a fondo, incontrando particelle subnucleari e stelle di neutroni, nuclei galattici e reattori atomici, corone solari e fornaci industriali, e solo giù giù in fondo, quasi alla fine del pozzo, dove il termometro è severo, poco prima della stasi assoluta, vedendo ecco un grande albero, una tartaruga, un prato fiorito, due fenicotteri in volo, un uomo e una donna, una scoperta, un atto d'amore, ma appena più giù stalattiti, freddo, freddissimo, il fondo chiuso e arido del pozzo – ebbene, penso proprio che valga tanto più alimentarla, allora, e proteggerla, nutrirla e stimarla e cantarla e volerle bene, questa vita così evidentemente fragile e instabile, scoccata come per sbaglio lì nel più infimo dei sottoscala. Raccatta i propri petali, povera Vita, e si dà un tono. Il calore del cosmo le è distantissimo, e l'annichilirebbe se così non fosse, e la ghiaccia assoluta la sfiora già per l'esilissima radice. Si gioca la propria esistenza impermanente tra due potenze infinite. Purtuttavia è tutto lì dentro, ciò che è nostro, la creazione e la dignità: in quella piccola cosa luminosa nel buio. Scarto logico: proviamo ad aiutare ogni cosa che soffre; ci scalderà, se fa freddo, e ci rinfrescherà quando fa troppo caldo. Secondo me è così. Ieri, con 183.000 nuovi malati di Covid-19 in un giorno (fonte OMS), record assoluto dall'inizio di tutto, il Mondo ha dimostrato a sé stesso che la pandemia non solo non è finita per niente ma non ha neppure raggiunto il famoso picco, a livello globale. Ciononostante si stanno allentando tutte le misure a protezione della salute umana che avevano già dato buoni risultati a livello locale: anzi, molte restrizioni agli spostamenti delle persone da un punto all'altro del pianeta o dentro una qualunque delle sue regioni, e soprattutto alle attività economiche e sociali, sono già abrogate. Il che lascia facilmente prevedere che il contagio tornerà a crescere anche là dove si era fermato, per la semplice osmosi tra umani: tra chi vive dove era stato quasi sconfitto e chi viene da dove è invece ancora forte, tra quanti sono portatori asintomatici e quelli che non hanno ancora sviluppato alcuna immunità.
Perché? Per soldi, la vera linfa del sistema (altro che acqua pura o sangue vivente!). Quindi, in estrema sintesi: prima della pandemia, per anni (un paio di decenni ormai) il sistema ha preteso lo scambio globale di capitali e di merci (affamando popoli interi) ma ha ostacolato il cammino delle persone, le quali invece serviva che restassero e crepassero là dove il puro caso le aveva fatte nascere, anche se era terra di carestia, di guerra, di dolori e infamie; invece adesso, a contagio ancora in corso, lo stesso sistema pretende che le persone viaggino in lungo e in largo, in barba a ogni cautela, perché ha capito che sennò di merci e servizi non se ne consumeranno abbastanza e quindi i capitali non frutteranno in mano a chi li possiede. E la salute? È un rischio d'impresa (la salute altrui, ovviamente). Questo è il sistema. Il quale uscirà da questa epoca con la conta dei caduti come in ognuna delle sue tante guerre, con tutta la retorica di cui son capaci i suoi cantori a libro-paga, e con la stessa virulenza anti-vitale con cui sta distruggendo l'Umanità (tranne l'élite sfruttatrice) e la Terra (tranne poche enclave blindate) da un secolo e più. Liberiamocene: inventiamo il modo per provarci, e facciamolo! Le perdite che così sconteremmo non sarebbero forse inferiori a quelle che ci aspettano comunque per mano loro. Ma almeno avremmo lottato: con dignità, umanità, amore. C'è un universo in cui io non provo dolore. Posso immaginarlo facilmente, un universo in cui ascolto Lennie Tristano suonare You Don't Know What Love Is mentre guardo un Dalit setacciare i rifiuti col suo cane rinsecchito affianco. Poi ce n'è un altro, quello in cui non esiste motivo per cui io provi dolore. Il che è diverso, ovviamente. Questo è difficile da immaginare, ci riesco solo a tratti ed è quando sono immerso nell'amore, qualunque cosa sia. E l'universo in cui nessun senziente prova dolore, perché non ne ha motivo, esiste pure. Lo so. Non può non esistere, giacché esistono universi differenti in numero infinito. Però mi è impossibile immaginarlo, e ciò è quanto di più prossimo all'idea che mi son fatto della dannazione. da L'Eterno Presente, pag.25
...E poi forse c'è anche un'altra cosa, un motivo in più.
Rivera è del 1943, come Boninsegna e Rosato, Riva del '44, Sandro Mazzola del '42, Domenghini del '41, Facchetti '42, De Sisti lui pure '43, Albertosi e Burgnich del '39. E anche gli altri: Schnellinger, quello che pareggia al 92mo, è del '39, Beckenbauer, che gioca i supplementari col braccio destro legato al corpo, è del '45, così il maledetto Gerd Muller, Sepp Maier del '44, Overath '43, Berti Vogts '46, Seeler il decano del 1936. Sono tutti nati o cresciuti, o entrambe le cose, sotto le bombe o nelle privazioni di regimi infami o tra le macerie dell'immediato dopoguerra, o tutte e tre le cose. Erano insomma ragazzi, o giovani uomini, di poco più di vent'anni e fin quasi ai trentacinque; e stavano lì sul campo quella sera davanti a un miliardo di telespettatori in tutto il Mondo. Ma invece avrebbero potuto con la stessa probabilità essere morti in fasce o bambini, fanciulli, sotto un solaio crollato, o per le malattie degli stenti, o di fame nuda e cruda; per mano di regimi e di una guerra che proprio le loro nazioni, entrambe, avevano criminalmente creato e scaraventato in faccia a tutto il Mondo. Gianni Rivera – sto riflettendo – poteva essere tra le decine di migliaia di italiani di ogni età falcidiati dagli ultimi due anni di conflitto, di occupazione nazista, di Resistenza e Liberazione dei Partigiani contro i fascisti. E Beckenbauer poteva esser crepato tra i milioni di tedeschi senza pane, che vagavano tra le montagne di detriti che racconta tragicamente Rossellini in Germania Anno Zero; montagne reali, non cinematografiche: a Berlino c'è il Teufelsberg, "Monte del Diavolo", una collina creata con tante macerie dei bombardamenti che non si sapeva dove altrove metterle. Invece stavano lì, a giocare, quel 17 giugno di cinquant’anni fa, dall'altra parte del Mondo, una partita che fu la più bella di sempre, e lo fu anche per questo. Ventidue, ventisei coi cambi due per parte – innocenti, ecco cosa. Sotto nomi nazionali fino a una generazione prima colpevoli, e orridamente; ma loro no, loro rinascevano puri col Mondo nuovo, sconfitto il nazifascismo, portando semmai nei corpi sgraziati o macilenti, alcuni, e nel cuore e nei ricordi tutti certamente, la tara di una nascita sfortunata, l’aver patito la prima età nella bocca dell'inferno. Quella sera, notte in Italia, di mezzo secolo fa esatto, presero a morsi il paradiso, e ce ne diedero spettacolo! Il Mondo non ha dimenticato, né mai lo scorderà. Ma... sssst… è quasi mezzanotte, le squadre sono già sul campo. Martellini dà le formazioni, arbitra l'incontro il signor Yamasaki, peruviano di origini nipponiche (il Giappone – terzo artefice del massacro bellico)... Fischio d'inizio, calciano gli Azzurri, si comincia. Companeroas, se esce fuori che è proprio vera la storia dei tre milioni e mezzo di euro dati da Chavèz ai grillini nel 2010, chi deve andare a nascondersi – per quanto mi riguarda, che per i 5Stelle non ho mai provato altro che disistima (notoriamente, credo) – è non già il vertice grillino di allora (e di oggi, con poche varianti) berciante “onestà” a tutto spiano, bensì chiunque abbia avuto all'epoca ruoli di responsabilità in Rifondazione Comunista (Ferrero & C), nel Partito dei Comunisti Italiani (Diliberto & C), in Comunisti Sinistra Popolare (Rizzo & C), nel Partito Comunista dei Lavoratori (Ferrando, mi pare), in Sinistra Critica (boh?) e in ognuna delle organizzazioni politiche della sinistra dura e pura antimperialista, neomarxista e terzomondista le quali per difendere agli occhi della gente in Italia l'operato del chavismo, vituperato dal mainstream, ci han rimesso risorse (già scarse), tempo (consunto al lumicino) e talvolta anche la faccia nel corso di sessioni internazionaliste ba-si-la-ri ma dimentiche dei problemi della classe lavoratrice nostrana in piena crisi post-2008 (classe che invece questo non l’ha dimenticato).
Perché se il compagno Chavèz anziché allungare qualche bigliettone ai fratelli comunisti di cui sopra ha davvero preferito farne dono a un movimento composto alla base da scappati di casa de-ideologizzati e al vertice da paraculi affaristi con l'ideologia del “tiriamo a campare sulle spalle del popolo”, ebbene questa è la prova provata che la sinistra dura e pura in Italia non ha mai contato un cazzo. Neppure agli occhi della grande famiglia comunista globale e dei suoi (pochi, sempre meno) leader riconoscibili e riconosciuti: hai voglia a far riunioni, assemblee, sit-in, ordini del giorno e comunicati stampa! Che tristezza, se è così. Che farsa, che ennesima inculata retrospettiva ma nondimeno bruciante! Comunque, signore e signori, è ormai consolidato il trend almeno in Italia: uno su 11 o 12 di tutti i testati si è preso il virus, e uno su 6 o 7 di chi se l’è preso ci muore.
Quindi: una persona su 75 pescate a caso in Italia, mediamente, negli ultimi quattro mesi, è morta di Covid-19. E così resteranno le cose finché non avremo cure e/o vaccini. Perciò godiamoci pure la Fase 3 (che il sistema economico non può permettersi di rimangiarsi, e i media la spingono e la spingeranno che è una bellezza!), però sempre in campana: col trend suddetto e fino a novità dalla scienza, il coronaccio se ne porta via 800.000 solo in Italia – e ieri stavamo appena a 34.345. Ok? Nato il 14 giugno del 1928 a Rosario, Argentina. Laureato medico nel 1953, diventa nel ’56 guerrigliero anti-imperialista a Cuba, nel ’59 liberatore vittorioso e nel ’61 ministro di quel Paese. Così, e solo così, riesce nel '64, l’11 dicembre, a parlare all'ONU: gran parte del Mondo viene a conoscenza della sua visione politica, economica e sociale della realtà, milioni e milioni di esseri umani dappertutto la apprezzano (e apprezzano lui) e i Potenti della Terra non possono più ignorarla pubblicamente. Poi nel ’65 torna ad essere guerrigliero anti-imperialista, in Africa e ancora in America Latina, e nel 1967, il 9 ottobre, viene ammazzato dai sicari appunto dell’imperialismo a La Higuera, Bolivia. Oggi, 2020, la sua immagine è nota ovunque ed è ancora amatissimo da tanti e tanti. La sua visione politica, economica e sociale della realtà, non so quanti la conoscano; anche tra chi ama la sua immagine. Però il fatto stesso che lui sia stato prima guerrigliero, poi liberatore vittorioso, poi ministro, poi ancora guerrigliero, poi ammazzato giovane, e che fosse bello, oltre che medico dall'inizio, certo costringe gran parte del Mondo a non poter far finta che lui e quella sua visione non siano mai esistiti; questo, più ancora del suo discorso all’ONU. Comunque grazie, di quello e di tutto il resto della tua anima incredibilmente luminosa. Grazie immenso Che. Hasta La Victoria Siempre! Dacci oggi il nostro pavido strabismo quotidiano.
I miei contemporanei, per la fottuta paura di azzardare un giudizio, non prendono di petto mai nessuno (che non sia manifestamente più debole di loro). Utilizzano un filosofema fenomenologico mal compreso e peggio applicato: limitarsi a osservare i singoli atti e non ardire afferrare la persona in sé. Col risultato che colui che sarebbe da prender di petto gli si sfarina dinanzi, cioè dinanzi alla loro capacità di giudizio, in una miriade di atomi inintelligibili; e mentre loro li guardano fluttuare, quello ha già messo in pratica il suo proprio sé e l'ha fatta franca. Ma il bello è che invece verso sé stessi usano, e pretendono sia usato, il metro contrario esattamente! Se infatti provi a contestargli un atto bell'e finito, circoscritto, misurabile, oggettivo, incontroverso, e chiedergli conto del perché e magari auspicando un lavoro perché non si ripeta, ebbene "non guardare questa cosa e basta!" ti rispondono; "io sono una persona a tutto tondo: giudicami col prima e il poi, e vedi se hai ancora il coraggio di esecrarmi!" Al che, a te, in punto di logica prima ancora che di etica, ti cascano le parole dalla bocca. E tutto quello che riesci a sibilare è "state bene così", pensando "e io meglio ancora, che sto sempre da un'altra parte dalla vostra". Lieta no, ma sicura scriveva quel Grande. |